il Giappone in Italia


Chochin

Con il termine chochin si indicano le lanterne che possono essere di vari colori e che un tempo contenevano candele per l'illuminazione, che sono poi state sostituite nel tempo dalle lampadine elettriche.

Le lanterne rosse (akachochin) identificano spesso un luogo dove bere o mangiare e portano impresso il nome del locale.

Le lanterne bianche e gialle sono invece spesso usate nei templi.

Approfondimento (Stefano Lazzarotto):

L'Oriente e anche il Giappone è la lanterna: di carta, tonda e rossa occhieggia spesso fuori dai negozi a tema asiatico. Ma in realtà non esiste un solo tipo di lanterna; nel Sol Levante ne possiamo trovare principalmente tre: la Cochin, la Andon e la Tourou. Scopriamole assieme!

Lanterne giapponesi

La più conosciuta è senz'altro la Chochin: costituita da un telaio di bambù (detto honegumi), la cui struttura a spirale permette alla lampada di "collassare", in modo da occupare meno spazio quando non è usata, è poi ricoperta da un foglio di carta di riso (shojigami) oppure di seta, per far sì che la fiamma sia protetta dal vento. Di solito è munita di un gancio per essere appesa al soffitto o ad una tettoia. Di origine cinese, le prime notizie di un suo uso risalgono al 1085 mentre la più antica illustrazione che la raffigura è del 1536.

Lanterne giapponesi: Chochin

La più famosa è quella rossa detta Haka-Chochin, che si può facilmente trovare ancora oggi all'esterno di bar e ristoranti, all'ingresso dei templi buddisti e nelle feste tradizionali. Ma durante il periodo Edo, ve ne erano di molti tipi diversi: dalla Bura-Chochin (appesa alla fine di un bastone su cui era inciso lo stemma della famiglia di appartenenza) alla Yumiha-Chochin (usata da pompieri e poliziotti grazie alla sua maniglia che permetteva una presa facile e salda), fino alla Bajo-Chochin (usata dai samurai perché progettata per assorbire gli urti e quindi poter essere appesa al cavallo con cui viaggiavano).

Lanterne giapponesi

Di solito la carta della chochin è decorata sia con scritte, i cosiddetti Sen-ja-fuda no Moji, cioè i caratteri utilizzati nei santuari e nei templi, sia con ritratti di personaggi, come gli Edo no Moji (personaggi del periodo Edo) fra cui possiamo trovare i Kantei-ryu Moji (riferite al mondo kabuki) e i Sumo Moji (dedicate ai grandi atleti del sumo).
Se fatte a mano, sono davvero pezzi unici e di grande valore; gli artigiani che costruiscono le lanterne sono divisi in due gruppi di produzione: uno si occupa della struttura di bambù e di incollare la carta, mentre l'altro è responsabile del disegno. Di solito, quando qualcuno fa riferimento a un artigiano di chochin, indica colui che si dedica al lato artistico del procedimento. I professionisti sono in grado di riconoscere il creatore di una chochin dallo stile!

Lanterne giapponesi decorazione

Il secondo tipo è la Andon: costituita da un telaio di bambù, legno o metallo su cui viene teso un foglio di carta di riso per proteggere la fiamma, differiscono dalla chochin perché di solito hanno la forma di un tetraedro, di un cilindro o di un cubo e sono poste a terra. Inoltre per fare luce non usano una candela ma olio di colza oppure il più economico olio di sarde (il cui forte odore di pesce ha dato vita ad una vecchia leggenda secondo cui il bakeneko, un mostro dalla forma di gatto, andava di notte a leccare l'olio delle andon). Il combustibile è conservato in un recipiente di pietra o ceramica in cui è immerso uno stoppino di cotone.

Lanterne giapponesi Andon

Particolarmente diffusa durante il Periodo Edo, ne esistono anche in questo caso varie versioni: una è il Lokiandon, la comune versione da interni con un piccolo piedistallo per la luce e in alcuni casi un cassettino alla base, per rendere più agevole il rabbocco di olio combustibile. Inoltre, sul lato superiore presentava una maniglia per facilitarne il trasporto.
Un'altra versione era l'Enshu andon, un sorta di tubo con un'apertura al posto del cassettino. L'Ariake andon era invece la versione "da comodino", mentre il Kakeandon quella da esterno usata dai negozi, su cui vi era scritto il nome del proprietario o del locale. Infine abbiamo il Bonbori che è una versione di andon piccola a sezione esagonale.

Questo tipo di lanterna ha dato vita anche ad un'espressione popolare che recita: "hiru andon" (che significa "lanterna da giorno") e che è usata per indicare qualcuno o qualcosa che sembra non avere alcuna utilità, proprio come una luce accesa in pieno giorno. Ai giorni nostri inoltre sono definite andon anche le lampade che mostrano dove sono le uscite in un edificio e quelle che illuminano gli orari delle corse alle fermate degli autobus.

Lanterne giapponesi hiru andon

Infine ci sono le Tourou: all'inizio questo termine era usato per indicare ogni genere di lampada, mentre ora si utilizza solo per le lampade in pietra, bronzo, ferro, legno o qualsiasi altro materiale pesante. Si possono trovare principalmente nelle aree all'aperto dei templi buddisti, dei santuari shintoisti e dei giardini giapponesi tradizionali. Originariamente alimentati ad olio o con candele, ora forniscono illuminazione tramite comuni lampadine. Si dividono in due grosse categorie: le Ishidourou e le Tsuridourou.

Le Ishidourou sono quelle in pietra; se collocate all'interno di un giardino sono solitamente più piccole e più ampie, mentre quelle poste nei templi sono alte e stilizzate. Di solito sono fatte di granito e al giorno d'oggi sono usate principalmente come decorazione e illuminate solo in occasioni speciali.

Lanterne giapponesi Ishidourou

Le Tsuridourou invece sono costruite di solito in ferro e vetro e sono appese al soffitto. Si trovano soprattutto all'interno dei santuari.

 

Inoltre si chiamano sempre Tourou quelle che in estate, durante la festa di O-bon, si mettono a galleggiare sui fiumi o in mare, per accompagnare gli spiriti dei defunti nel loro viaggio verso l'Aldilà, secondo una tradizione detta tourou nagashi.